Modelli di maschilità

Sempre più evidente si fa la necessità di alzare lo sguardo, di considerare quali siano i modelli di maschilità ancora prevalenti nella nostra cultura, di vedere con quanta fatica si cerca di proporre modelli alternativi, e quanto invece ricorrano ancora modelli passati che richiamano una maschilità ormai riconosciuta da più parti come tossica, parte di quella cultura che porta poi proprio allo sfociare della violenza sulle donne, delle dinamiche di controllo e di potere.

Da più parti e da diversi anni, voci maschili chiedono di essere ascoltate e cercano di aprire una breccia tra i modelli prevalenti di maschilità, così come si presta sempre maggiore attenzione alla formazione nelle scuole, per i più giovani.

Ci sono degli aspetti del mondo emotivo maschile tenuti quasi segreti dagli uomini e la distorsione che viene fatta rispetto alle emozioni maschili produce dei danni enormi.

Il principale stereotipo è quello secondo cui gli uomini siano più forti, più duri, più resistenti e meno sensibili, quasi come fossero fatti di una sorta di materia diversa rispetto alle donne. Il fatto che esista questo modello prevalente comporta che gli uomini effettivamente siano portati a nascondere gli aspetti di maggiore vulnerabilità, in un circolo vizioso che non ha che rafforzare lo stereotipo. Gli studi e le ricerche ci dicono però esattamente il contrario, ovvero che gli uomini sin dalla vita uterina e sicuramente nei primi 18 anni di vita abbiano maggiori vulnerabilità dal punto di vista della resistenza allo stress e alle frustrazioni, un maggior bisogno di consolazione, esattamente il contrario di quello che pensiamo oggi.

Ci sono alcune emozioni che sembrano proprio mancare in questo stereotipo maschile. Sono proprio tutte quelle emozioni legate alla vulnerabilità, quindi gli stati d’animo di tristezza, ma anche la paura e la capacità di cura o l’amorevolezza. E questo porta con sé anche una conseguenza importante, che si collega direttamente al tema della violenza sulle donne, che è la rabbia. Nessuna emozione può essere eliminata; può essere soltanto resa inconsapevole, ma deve sempre trovare la sua via di espressione. L’emozione maggiormente legittimata nei maschi è la rabbia e quello che succede è che finiamo per esprimere tutte le emozioni con quella lì, la rabbia. Siamo tristi e ci mostriamo arrabbiati, abbiamo paura e ci mostriamo arrabbiati, abbiamo a che fare con la cura e ci mostriamo ancora arrabbiati. Ovviamente questo tipo di espressione emotiva è disfunzionale, tutte le emozioni necessitano di una loro via di espressione e devono avere uguale dignità, avendo esse stesse un ruolo per la sopravvivenza e il benessere psicologico.

Sicuramente dei passi avanti in questo senso sono stati già fatti: oggi viviamo in una società che è più aperta e accoglie meglio di un tempo le emozioni, anche quelle maschili. Esiste però un problema di età che riguarda una fase delicata, quella dell’adolescenza in cui la ricerca di un’identità diventa a volte quasi simile una caricatura. I giovani maschi adolescenti vivono in una cultura più tollerante rispetto alle emozioni ma finiscono per essere spesso una vera e propria caricatura del macho, almeno con le battute e a parole, mentre nei fatti se si va più a fondo troviamo un mondo emotivo nascosto e sfaccettato che viene represso. Quindi è questo cambiamento appena iniziato che va favorito, soprattutto da parte degli adulti, uomini e donne. Da parte del mondo maschile, infatti, è necessario che vengano rinforzati tra uomini i comportamenti di apertura e confronto anche a livello emotivo; significa non accontentarsi delle risposte evitanti dei propri amici, fratelli o padri, creare un ambiente che accoglie questo nuovo modello. Ancora, come padri dobbiamo porci il problema del modello che proponiamo ai nostri figli maschi ed essere noi in primis a presentare modelli di maschilità differenti da quelli stereotipati.

Il tema degli stereotipi riguarda anche le donne, che soffrono di similari problematiche culturali dei maschi. Ecco che anche per le donne vale il discorso complementare perché a questa maggiore apertura maschile può corrisponde anche per le madri, le mogli, le amiche un cambiamento analogo. Le donne potrebbero iniziare a dare per scontato che gli uomini hanno le stesse loro emozioni quindi comincerebbero a chiedere di più, a indagare meglio e anche ad accettare che esiste una vulnerabilità che non era così evidente ma che c’è, esiste. Questa operazione è tanto più importante nei confronti dei figli maschi, perché hanno bisogno di crescere sentendo legittimate tutte le loro emozioni, nessuna esclusa. Un cammino, quindi, che vede coinvolti tutti e tutte, affinché la parità sia davvero tale e permetta di superare quegli streotipi per cui continuiamo a pagare un prezzo ancora troppo alto.