I rischi della privacy digitale

Quando siamo online siamo esposti a tanti rischi. I nuovi livelli di esposizione a cui ci stanno portando l’intelligenza artificiale, la sorveglianza pubblica e privata, i social, il cybercrime, vanno esplorati, capiti e presidiati. Non si deve creare allarmismo, ma piuttosto diffondere consapevolezza. Quando ci mettiamo in auto, sappiamo a cosa dobbiamo prestare attenzione, così come quando andiamo in montagna o decidiamo di fare uno sport estremo. Ecco, anche quando “andiamo” online, dobbiamo avere la stessa attenzione e chiederci quali sono i pericoli che corriamo.

Si pensi al tema dell’eccessiva esposizione dei minori e dei piccolissimi sugli account di genitori spinti da orgoglio, narcisismo o semplice ingenuità – che oggi viene affrontato, fortunatamente, in modo più critico.

Associamo spesso l’essere esposti a un’idea di pericolo e vulnerabilità, pur sapendo che se da una parte  il trattamento dei nostri dati online ha portato e porterà ancora molti vantaggi (vedi la facilità di raggiungere contatti e di intrattenere conversazioni potenzialmente illimitate) e anche sviluppo economico e tecnologico, dall’altra esistono anche alcuni pericoli. Ed è fondamentale conoscere la nostra condizione di vulnerabilità quando navighiamo e quando accettiamo termini e condizioni senza leggerli o quando utilizziamo smart device in casa, in auto e anche al lavoro.

I rischi peggiori, oggi, riguardano quei fotomontaggi e audio-montaggi evoluti con cui ci si può fingere qualcun altro. Oggi i sistemi sono talmente avanzati che possono operare anche in real time e a costi irrisori. Con l’evoluzione dell’intelligenza artificiale si possono anche generare opere derivate partendo dalle nostre immagini e dai contenuti condivisi da noi in rete.

Il tema della sicurezza nelle città è un argomento sempre più familiare: i giornali quasi ogni giorno raccontano episodi di criminalità e violenza. La conclusione più frequente è che una soluzione possibile sia dotare la città di telecamere per registrare i movimenti delle persone. Ma purtroppo non è così, questa soluzione sposta l’attenzione del problema ovvero sorveglia tutti perché considera tutti potenziali criminali, invece di concentrarsi su chi realmente sbaglia.

Siamo tutti potenziali criminali, osservati costantemente, ed anche azioni innocue possono essere usate a nostro svantaggio. Come se leggessimo ogni sera i messaggi scambiati dal nostro partner con il suo cellulare. Sarebbe legittimo controllo oppure sarebbe un’invasione della sfera di riservatezza? Questo senza considerare che tali sistemi sbagliano in continuazione.

Come si diceva queste tecnologie sono quelle che rappresentano i pericoli più grandi per noi. Utilizzandole si potrebbero anche cambiare le sorti di elezioni o anche di una guerra. Ma qual è l’origine dei dati che servono a produrre i fake? Da tutto quello che condividiamo, dai social network, dalle immagini registrate dalle telecamere, dai dati biometrici registrati nei nostri smartphone.

Pensate se il giorno prima di un’elezione, venisse diffuso un video in cui uno dei candidati dicesse una cosa incoerente con il suo programma e altamente impopolare? Non ci sarebbe il tempo di rimediare.

I rischi più grandi in tema di privacy e condivisione dei dati li corrono i più giovani, che passano più tempo online e che pubblicano più contenuti sui social. Ormai hanno una vita parallela su Instagram, TikTok, Snapchat, etc. E come già accennato sopra un capitolo a parte lo meriterebbe la condivisione di contenuti dei minori da parte dei genitori. L’accelerato aumento dell’utilizzo dei social media e delle tecnologie digitali ha portato genitori e scuole a condividere sempre più frequentemente contenuti riguardanti i minori. Tuttavia, questa pratica solleva importanti questioni relative alla privacy, sicurezza e al controllo delle informazioni personali dei bambini online, anche perché è ormai noto che terzi potrebbero utilizzare queste informazioni a fini malevoli, sino ad arrivare anche alla pedofilia.

Appare quindi evidente che sarebbe necessario ridurre la sovraesposizione in rete, condividendo poco sui social network ed evitando di usare i dati biometrici quando non è necessario – per sbloccare i nostri smartphone, per esempio, sarebbe meglio usare il codice, anziché il riconoscimento facciale. Se chi detiene quei dati li perdesse, le conseguenze sarebbero molto gravi per gli interessati

La verità è che dobbiamo (re)imparare a sviluppare senso critico, il grande assente di questi tempi. Spirito critico nei confronti di una realtà online senz’altro spesso affascinante e apparentemente comoda e facile, ma sempre più distante da quella offline. Il mondo digitale è il futuro ed è una risorsa anche economica molto importante, ma, come ogni utile strumento che ha guidato l’evoluzione economica, dal martello agli aerei, se usato male può portare a conseguenze gravissime.