Web e disinformazione

Tra gli strumenti tecnologici in evoluzione che hanno preso il sopravvento sulla nostra vita quotidiana il consumo di informazioni digitali è quello che ha avuto più slancio.

La tecnologia digitale ha contribuito a un accesso più ampio alle informazioni e a una più rapida diffusione dei temi di attualità.

Benché questa sia un’impresa notevole per la nostra società, comporta anche un maggior rischio di disinformazione.

Gli utenti online possono essere esposti alla disinformazione attraverso tattiche di social engineering che fuorviano l’opinione pubblica e causano divisioni – spesso in modo aggressivo.

Un’altra cosa che affligge il mondo virtuale sono gli spambot, che causano i milioni di commenti ripetitivi che si possono trovare online, ma con account utente diversi.

Gli spambot sono responsabili della diffusione di contenuti web diffamatori e del furto di informazioni personali, il tutto con il pretesto di una pubblicità ingannevole.

Allo stesso modo il business dei “mi piace” falsi, che genera follower falsi su pagine e piattaforme, dà agli utenti l’impressione sbagliata.

Sebbene i “mi piace” falsi non siano etici, in realtà sono legali in numerosi Paesi.

Alcune società di marketing digitale possono promuovere volontariamente delle informazioni fuorvianti e accrescere il coinvolgimento per i propri clienti in cambio di denaro.

Queste preoccupazioni sulla disinformazione e sulla privacy dei dati sono giunte fino ai policy maker, con i leader dei giganti della tecnologia chiamati al Congresso per essere interrogati.

Diversi Paesi hanno reagito bene alle crescenti preoccupazioni sulle informazioni false e potrebbero fissare uno standard per altri.

Poiché sempre più persone sono esposte a una vasta gamma di media digitali indipendenti, diventa difficile per gli utenti di Internet accertare la validità e l’attendibilità delle informazioni. Ingannare il pubblico è diventato abbastanza facile, da piccole truffe alla propaganda su larga scala per creare instabilità.

I governi devono stabilire delle norme e approvare delle leggi secondo le quali gli organi di informazione, le piattaforme di social media e i giganti della tecnologia sono da ritenersi responsabili della disinformazione.

Gli strumenti di advocacy e sensibilizzazione messi in atto dai governi devono essere accompagnati dalla competenza e dall’opinione di esperti chiave e del pubblico più vasto.

In ultima analisi, la disinformazione può essere contrastata attraverso una ricerca e un’autenticazione attendibili, applicate usando un approccio dal basso verso l’alto.

È giunto il momento che le persone si rendano conto che anche le informazioni false sono una truffa.