Quiet quitting

Letteralmente significa abbandono silenzioso e tutto sembrerebbe fuorché un concetto che ha a che vedere con le dinamiche organizzative e con il ripensamento profondo del modo di approcciare e vivere quotidianamente la propria professione.

E’ diventato invece un fenomeno che rischia di avere un impatto molto concreto sui processi aziendali perché riflette la scelta di eseguire il minimo indispensabile nel rigoroso rispetto delle proprie mansioni e del proprio orario di lavoro.

Viene cioè meno la predisposizione a dedicare completamente le proprie capacità e il proprio tempo alla mission dell’azienda e ad essere propositivi e partecipativi rispetto ai nuovi progetti, riducendo la disponibilità ad aderire ai valori aziendali.

Da tendenza social, il fenomeno ha così assunto le forme dell’antidoto per curare lo stress e il burnout da troppo lavoro imponendo un nuovo modello: fare lo stretto necessario, non dare troppa importanza ai problemi dell’ufficio ed eleggere a priorità un miglior equilibrio nella propria vita privata.

L’essenza di questo concetto sta nell’imparare a lasciar correre, a non sovraccaricare, perché la cultura del lavoro e del sacrificio a tutti i costi sembra non avere più l’appeal di un tempo.

Almeno per una buona fetta di lavoratori e quelli più giovani in particolare, i più reattivi e veloci a sposare una linea di pensiero che vuole ridimensionare e correggere l’idea che la professione e la carriera definiscano il valore personale.

Nell’idea del quite quitting il superlavoro viene dunque bandito, riflettendo l’insoddisfazione dei tanti che nella propria posizione lavorativa non vedono più dinamiche di crescita e non sono più disposti ad accettare condizioni penalizzati in termini di impegno e di retribuzione.

In uno scenario già profondamente cambiato con l’adozione su larga scala dello smart working, un modello a cui molti non vogliono più rinunciare, il fenomeno dell’abbandono silenzioso conosce una sorta di nuova vita (la ricerca di una situazione di comodo galleggiamento in azienda e in ufficio è sempre esistita, sotto diverse forme) e attecchisce nella percezione di chi dedica maggiore attenzione al benessere personale.

Un elemento di preoccupazione più per i manager, insomma, già alle prese con la necessità di garantire un migliore bilanciamento fra vita e lavoro ai propri collaboratori.