L’amministratore di condominio

Negli stabili con più di otto condòmini la nomina di un amministratore di condominio è obbligatoria.

Tale figura può essere una persona fisica o una società in possesso di determinati requisiti: non aver subìto condanne per certi reati (contro la Pa, contro l’amministrazione della giustizia, contro il patrimonio e altro); possedere il diploma di scuola secondaria di secondo grado; aver frequentato un corso di formazione professionale. L’affidamento dell’incarico va approvato dall’assemblea con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti che rappresenti almeno la metà del valore dell’edificio (cioè 500 millesimi).

Qualora non si raggiunga il quorum, ciascun condomino può chiedere all’Autorità giudiziaria di nominare un amministratore “giudiziale”, altrimenti è possibile mantenere l’amministratore uscente, fino alla nomina del suo successore. La durata del contratto è pari ad un anno e si intende rinnovato per la stessa durata: al termine dei primi dodici mesi l’assemblea può quindi scegliere se discutere il rinnovo, che scatta automaticamente se nessuno avanza alcuna richiesta. Accettata la nomina, l’amministratore deve fornire i propri dati anagrafici; indicare il luogo in cui saranno conservati i registri condominiali; collocare sul luogo di accesso al condominio le proprie generalità e i propri recapiti; formalizzare il passaggio di consegne con il suo predecessore; depositare la propria firma sul conto corrente condominiale e/o aprirne un ulteriore qualora non vi fosse.

Firmato il contratto e pattuito nel dettaglio il compenso, il professionista è chiamato a svolgere una serie di compiti: vigilare sulle parti comuni e occuparsi della loro manutenzione; eseguire le delibere assembleari; gestire le spese necessarie a garantire i servizi comuni; verificare che vengano osservate le norme del regolamento condominiale; riscuotere le somme che i singoli condòmini devono versare e predisporre il consuntivo delle spese a fine gestione, con l’obiettivo di giustificare uscite ed entrate.

Tra i compiti fondamentali rientrano la convocazione dell’assemblea di condominio (almeno una volta all’anno per approvare il rendiconto); l’esecuzione delle delibere licenziate dall’assemblea; la custodia e la vigilanza del regolamento e dello stabile; il versamento del denaro necessario affinché il condominio funzioni; la riscossione delle spese conteggiate a ciascun condomino per l’utilizzo di impianti e parti comuni.

L’amministratore può essere revocato in qualsiasi momento, anche prima della scadenza del mandato, con votazione a maggioranza assembleare di almeno metà degli intervenuti che rappresenti i 500 millesimi. L’amministratore, pur non potendo opporsi alla revoca, è legittimato a ricevere un risarcimento (salvo che la revoca sia motivata da giusta causa). Al riguardo, vale ricordare che ogni condomino può chiedere la revoca giudiziale per “giusta causa”, che si configura in presenza di irregolarità gravi (mancata convocazione dell’assemblea; assenza di gestione dei registri; omissioni, incompletezza o inesattezza nella comunicazione dei dati anagrafici e professionali e altro). In caso di revoca per giusta causa, l’amministratore è esposto a un’azione di danni, oltre al rischio di non percepire in tutto o in parte il compenso.

Amministratore e assemblea possono accordarsi liberamente sul compenso del professionista, fermo restando che l’ultima parola spetta sempre all’assemblea. Non esiste, infatti, un tariffario che definisca il compenso dell’amministratore, frutto di una libera trattativa. È certo, però, che all’atto dell’accettazione della nomina (ma lo stesso vale per il rinnovo), l’amministratore debba specificare analiticamente l’importo dovuto a titolo di compenso per l’attività da svolgere, con la precisazione che l’omissione può determinare addirittura la nullità della nomina.

Il professionista ha quindi diritto a un compenso forfettario che copre la gestione ordinaria. A questo importo possono aggiungersi altre prestazioni che esulino dalle funzioni previste dal contratto, e che quindi determinino un’integrazione dell’onorario che deve essere comunque pattuita: ad esempio, il pagamento dei compensi dei dipendenti condominiali e relativi contributi o il pagamento delle ritenute fiscali ai dipendenti e ai consulenti del condominio o interventi di natura straordinaria.
Quando è necessario intervenire con urgenza sulle parti comuni, l’amministratore può agire senza il consenso dell’assemblea, avvisando i condòmini alla prima riunione utile. Gli interventi urgenti sono tutte quelle opere che non possono essere rimandate, in quanto la loro mancata esecuzione metterebbe a rischio l’incolumità dei residenti e dei soggetti terzi. L’amministratore deve quindi agire tempestivamente, eliminando senza indugi la fonte del pericolo. E’ urgente «la spesa, la cui erogazione non può essere differita senza danno o pericolo, secondo il criterio del buon padre di famiglia».

Si pensi, ad esempio, al distacco di calcinacci dal balcone o dalla facciata, alla rottura del vetro del portone che conduce alle scale, allagamenti e incendi. Per tutti gli interventi rientranti nella manutenzione straordinaria che non hanno carattere dell’indifferibilità (per esempio il rifacimento della facciata o del tetto), l’amministratore è invece obbligato a ottenere il consenso dell’assemblea.
Il condominio è rappresentato in giudizio dall’amministratore, in quanto responsabile della gestione delle parti e degli impianti comuni.
L’amministratore può dimettersi in qualsiasi momento senza l’obbligo di fornire un preavviso, ma il dimissionario rimane in carica ad interim fino alla nomina del successore. Se in assenza di una giusta causa l’amministratore revocato è legittimato a conseguire un indennizzo/risarcimento, allo stesso modo qualora abbandoni l’incarico può essere obbligato a risarcire il condominio.